Aspetti legali
In Italia era prevista dal codice penale come reato, inserita fra le contravvenzioni «concernenti la polizia dei costumi».
La formulazione originaria (del 1930) dell'articolo 724 del codice penale puniva solo l'offesa alla religione Cattolica, ma nel tempo maturò la convinzione che tale limitazione fosse lesiva del principio di uguaglianza: si sostenne che per effetto del Concordato del 1984 sarebbe dovuta cadere la denominazione di «religione dello Stato» e con essa la differenziazione fra i diversi credi religiosi. Si iniziò perciò a discutere se prevedere anche l'offesa a altri credi. Con la sentenza 18 ottobre 1995, n. 40 della Corte Costituzionale[3] si estese la condotta sanzionabile all'offesa alla divinità venerata in ogni credo religioso, non più solo a quella venerata nella religiosa cristiana. La corte sostenne: «si impone ormai la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza» e dichiarò così l'illegittimità costituzionale dell'art. 724, primo comma, del c. penale, cioè quello che definiva il Cattolicesimo religione di Stato («o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato»).
Attualmente è considerata un illecito amministrativo, essendo stata depenalizzata con la legge 25 giugno 1999, n. 205. La versione attuale (vigente) dell'articolo 724 ("Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti") è la seguente:
Sono, quindi, considerate bestemmie esclusivamente quelle ingiurie rivolte verso le Divinità e non, per esempio, verso laMadonna o i santi[4].
Fonte: Wikipedia
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